Un nuovo impegno di UNACMA nel sociale

“Se vedi un affamato, non dargli del riso, insegnagli a coltivarlo”  

CONFUCIO (551 a.C.479 a.C.)


Non sono stati sufficienti 2500 anni perché le Nazioni “ricche” e le relative popolazioni economicamente sviluppate, imparassero ed applicassero questo semplice, quanto fondamentale principio.
Adesso che la vecchia e cara Europa  teme di essere “invasa”  dai migranti,  si accorge che a poco serve erigere barriere di filo spinato e cancelli per fermare la “disperazione e la fame” o “la giusta aspirazione ad una vita più dignitosa” di miglia di persone.
Comunque la si pensi, pro o contro  l’accoglienza , tutti ci rendiamo conto che il problema va affrontato e risolto nei luoghi di partenza e non in quelli di arrivo.
I fattori del sottosviluppo sono universalmente riconosciuti nella  insufficiente produzione alimentare che garantisca di sfamare la popolazione, nell’alta incidenza delle malattie specialmente quelle infantili e prenatali che condizionano pesantemente una equilibrata crescita demografica, e nella scolarizzazione, senza la quale non è possibile nessun sostanziale progresso sociale ed economico
Molto hanno fatto e stanno facendo i medici di tutte le specializzazioni,  gli assistenti medici e i tecnici sanitari, per migliorare il livello sanitario nei paesi sottosviluppati, e non solo per le emergenze tipo HIV ed ebola, ma principalmente nella realizzazione di nuove strutture ospedaliere ed in particolare nella formazione ed addestramento del personale locale per metterlo in condizione di rendersi autonomo ed in grado di mantenere e sviluppare, nel tempo,  un valido e più diffuso servizio sanitario.
Analogamente per la scolarizzazione dei bambini e dei ragazzi, anche le nostre università si sono mobilitate affiancando le iniziative ed i progetti , spesso di carattere confessionale religioso, volti a realizzare nuove strutture scolastiche anche nei villaggi più remoti, con l’obiettivo primario di   formare e costituire una adeguata  classe docente locale, capace di  garantire a tutti i bambini  l’accesso alla scuola e all’istruzione quantomeno primaria.
Rimane l’agricoltura che rappresenta la prima e più rivoluzionaria scoperta avvenuta  fra i 7.000 e  gli  11.000 anni fa.
La coltivazione dei campi ha permesso agli uomini di abbandonare il nomadismo e diventare sedentari. Grazie all’agricoltura e all’allevamento è stato possibile garantire una base alimentare a un maggior numero di persone e tuttora è grazie all’innovazione ed ai progressi tecnologici che l’agricoltura riesce a nutrire una popolazione mondiale in costante aumento.
Ma nei paesi sottosviluppati, ed in particolare in Africa, questo non è accaduto poiché la popolazione rimane sostanzialmente legata ad una agricoltura puramente di sussistenza mancandogli le condizioni per un adeguato  sviluppo.
Molti sono i casi nei quali si è intervenuti con il sostegno  internazionale per fornire aiuti alimentari, specialmente in presenza di carestie dovute a guerre e/o eventi naturali, ma raramente si sono attuati progetti  per migliorare e  strutturare la crescita produttiva locale, diversamente da quanto   capito e predicato già duemilacinquecento anni fa da Confucio.
Tuttavia è assai frequente  trovare nei villaggi  ed anche nelle stesse  missioni delle numerose  organizzazione umanitaria, istituzionali o religiose, macchinari agricoli  donati dalla stessa cooperazione o  volontariato, come pure da Governi e istituzioni varie, nazionali ed internazionali, inutilizzati o inutilizzabili perché a nessuno è stato insegnato ad adoperarli e tantomeno a manutenerli.
Il quesito che si è posto UNACMA è dunque semplice: chi meglio dei rivenditori e riparatori di macchine agricole può dare adeguata risposta a questa esigenza, possedendo  conoscenza, competenza, capacità ed esperienza  necessarie per  insegnare ed addestrare  i giovani del luogo, a  mantenere e riparare quelle poche  macchine,   riferite all’effettiva necessità,   ma già tante  che necessitano l’intervento di un esperto meccanico?
Chi meglio dei nostri agromeccanici può insegnare ad usare correttamente e proficuamente le macchine, e chi meglio dei nostri agricoltori può concretamente dimostrare come certe tecniche di coltivazione debbono essere praticate per ottimizzare la resa?
Da qui nasce l’idea del PROGETTO UNACMA PER LA VITA, che si prefigge di realizzare almeno due officine/scuola per la riparazione di macchine agricole  in Africa.
Esattamente a DODOMA, capitale della Tanzania e a SAME cittadina posta alle falde del Kilimangiaro.

Lo scopo primario è consentire al più alto numero possibile di giovani locali di apprendere il mestiere di meccanico in modo da garantire una adeguata e prolungata efficienza delle  macchine già disponibili, che rappresentano l’unico mezzo per incrementare la produzione agricola.
La formazione di meccanici che potranno muoversi sul territorio tornando ai propri villaggi, una volta addestrati  nelle scuole/officina,   consentendo  la graduale diffusione della  meccanizzazione agricola a partire dalle piccole macchine ,  esempio motocoltivatori, e contemporaneamente favorire  l’uso di macchine ed attrezzature  di maggiore potenza e dimensioni  per conto terzi o in comunione nello stesso villaggio.
Sarà così possibile passare  dalla produzione puramente di sussistenza familiare  ad una che produca reddito evitando, ove possibile, il LAND GRABBING – accaparramento dei terreni agricoli da parte di multinazionali del cibo e della chimica.  Questo, a sua volta, permetterà l’accesso a migliori cure sanitarie, all’istruzione dei figli e alla riduzione della necessità di garantirsi una numerosa prole.
Con questo non stiamo inventando niente  di nuovo ne tantomeno di eclatante se non tentare di ripetere  la storia rifacendoci a quanto già vissuto dai nostri nonni e padri non moltissimi anni fa.
Basta poco, per ciascuno, a condizione che siamo tanti a sostenere e condividere il progetto con il coinvolgimento dell’intera filiera agricola perché sono necessarie tutte le competenze e conoscenze del settore per essere efficaci.
Oltretutto permetteremmo ai media di raccontare come la filiera della nostra agricoltura si impegna concretamente alla soluzione dei migranti e non solo , o meglio, non più come questi siano sfruttati  nei nostri campi.                                                                 
Magari  a molti potrà sembrare ben poca cosa,  una piccola goccia nell’oceano, ma a noi piace più pensare di essere il “granellino di senape che germogliando si moltiplica”. (Vangelo secondo Matteo 13,31-32

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