Entro il 2017 i Costruttori delle trattrici VSF( Stima di un mercato di circa 25000 unità a livello mondiale) in grandissima parte italiani, potrebbero trovarsi nei guai se le richieste di revisione/proroga delle norme di compatibilità con le nuove normative Tier 4 rimanessero ancora inascoltate. A Bruxelles la Commissione Europea aveva affidato ad un società inglese, la TRL, la verifica della compatibilità tecnica delle richieste dei Costruttori italiani. La risposta è stata negativa e si deve andare avanti con la procedura prevista che richiederebbe, oltre a grandi investimenti di capitale ingenieristico e motoristico,una inaccettabile trasformazione dimensionale delle nuove trattrici tali da snaturalizzarne l’impiego nei vigneti/frutteti come si fa oggi. Inoltre il prezzo di vendita di tali macchine subirebbe un impatto molto forte (si stima oltre il 20%) da rendere molto compromessi i volumi di mercato. Meno volumi da vendere significherebbe meno produzione ed impatto pericoloso anche a livello occupazionale a livello delle importanti aziende del settore (CNH, SDF, Argotractors, BCS, Antonio Carraro, Agritalia in primis). Anche i Dealer delle aree a forte prevalenza di colture specializzate sarebbero coinvolti con le logiche conseguenze del caso. A questo punto coccorrerebbe un coinvolgimento “lobbistico” di tutta la Filiera, compresa anche le asssociazioni di Viticoltori che potrebbero vedersi aumentati notevolmenti i costi di acquisto delle macchine VSF. segue Comunicato stampa FederUnacoma Dossier trattori stretti: una “pista sbagliata” Lo studio tecnico affidato dalla Commissione Europea alla società TRL viene contestato dai costruttori italiani sia nel metodo sia nelle considerazioni di merito. Le carrozzerie delle macchine non possono ospitare i dispositivi antinquinamento previsti per i motori “Fase Quattro”, e soprattutto tenere il passo di una normativa che richiederebbe cambiamenti progettuali ogni tre anni. La questione dei trattori “stretti” è ancora lontana da una soluzione che sia accettabile per le industrie costruttrici. La possibilità di equipaggiare le trattrici per vigneto e frutteto (T2) con i motori e i dispositivi previsti per la “Fase Quattro” è materia più che mai controversa, dopo gli esiti dello studio tecnico che la Direzione Generale Impresa e Industria della Commissione Europea ha affidato alla società britannica Transport Research Laboratory TRL, e che è stato reso pubblico il 18 dicembre scorso. Il documento si pronuncia per una sostanziale compatibilità dei futuri trattori Fase Quattro con le esigenze operative nei vigneti e nei frutteti (sia pure riconoscendo un certo livello di “penalizzazione” per le prestazioni dei trattori), creando le premesse perché la Commissione respinga la richiesta dei costruttori di un rinvio dei termini di applicazione della normativa. A giudizio dei costruttori italiani, rappresentati da Assotrattori all’interno di FederUnacoma – che sul tema ha tenuto questo pomeriggio a Parigi una conferenza stampa nell’ambito del Salone della meccanica agricola SIMA – la relazione prodotta da TRL contiene errori di metodo, e valutazioni non corrette anche nel merito, e rischia di mettere la Commissione su una pista sbagliata. In primo luogo – sostengono i costruttori – i rilievi tecnici del TRL sono stati effettuati su una tipologia di motore non agricolo, quindi non comparabile con le caratteristiche dei motori per le trattrici, soprattutto per quanto riguarda le soluzioni tecnologiche nei dispositivi antinquinamento. In secondo luogo, i costruttori non condividono l’aspettativa – espressa nel documento TRL – che l’industria motoristica possa compiere uno sforzo per adeguare i nuovi motori alle esigenze specifiche dei trattori stretti, rendendo possibile l’applicazione della normativa nei tempi previsti. Secondo i costruttori di Assotrattori questa ipotesi sarebbe non realistica, in considerazione del fatto che il mercato dei trattori stretti presenta numeri troppo piccoli perché l’industria motoristica possa realizzare tecnologie “ad hoc” (circa 20 mila unità annue, rispetto ai milioni di unità dell’automotive). Infine, il documento suggerisce che al maggiore ingombro delle macchine, conseguente all’attuazione della Fase Quattro, si possa ovviare modificando in parte gli attuali assetti colturali, fatto che rappresenterebbe un danno per le imprese agricole; e che contrasta con un indirizzo di politica comunitaria che negli ultimi anni ha invece incentivato il compattamento dei sesti d’impianto per le colture specializzate, spingendo anche l’industria a realizzare macchine sempre più agili e di dimensioni contenute. “La Federazione, e in modo particolare l’associazione Assotrattori con il presidente Manlio Martilli, tornerà presto nelle sedi europee con le proprie valide ragioni – ha detto il Presidente di FederUnacoma Massimo Goldoni – per richiedere una valutazione tecnica più accurata, ma anche per contestare un principio generale, quello in base al quale si obbligano le industrie a seguire il ritmo frenetico delle normative, incompatibile con le logiche economiche e di programmazione industriale”. “Stiamo lavorando per modificare le macchine in funzione della Fase Tre B, che deve entrare a regime entro la fine del 2016 – ha spiegato Goldoni – e già dobbiamo preoccuparci delle ulteriori trasformazioni che saranno rese necessarie entro il 2019 per la Fase Quattro, ed entro il 2022 per la Fase Cinque”. “Il rischio grave è che la Commissione valuti con poca attenzione le istanze dei costruttori, perché riferite ad un numero di mezzi relativamente limitato – ha osservato il Presidente di FederUnacoma – senza considerare le conseguenze pesantissime, in termini produttivi e occupazionali, che si avrebbero su questo comparto della meccanica, che non ha le economie di scala per ammortizzare i costi delle continue evoluzioni normative, e che perderebbe importanti quote di mercato laddove dovesse rinunciare a quelle caratteristiche di agilità e compattezza richieste dagli agricoltori”. “L’uscita dal mercato delle nuove trattrici specializzate e quindi il mancato ricambio del parco – ha concluso Goldoni – comporterebbe, paradossalmente, una permanenza delle macchine obsolete nelle aziende agricole, con un impatto ambientale negativo e una vanificazione degli scopi stessi per i quali la normativa motori è stata varata”. Parigi, 23 febbraio 2015