Con un decreto ministeriale il 22 dicembre 2017 Maurizio Martina ha approvato le Linee guida per lo sviluppo dell’Agricoltura di precisione (Adp) in Italia. Linee guida pubblicate a settembre dopo due anni di lavoro di un gruppo di esperti nominato nel 2015 proprio per fotografare lo stato di adozione delle tecniche di precision farming in Italia e le attività da mettere in campo per aumentare la sua diffusione.
L’obiettivo del Governo, annunciato sul finire di Expo2015, è infatti quello di arrivare ad una gestione ‘di precisione’ del 10% della Sau italiana entro il 2021.
L’obiettivo risponde a precise esigenze dettate dai cambiamenti climatici e dall’aumento della popolazione mondiale. Entro il 2050 sul pianeta ci saranno 9 miliardi di persone e per sfamarle ci sarà bisogno di un aumento delle produzioni agricole, oggi non possibile attraverso un aumento delle superfici coltivate. Al contempo il settore primario deve fare i conti con la minaccia dei cambiamenti climatici e, almeno in Europa, con un quadro normativo e un pressing dei consumatori che spingono verso la sostenibilità, intesa come riduzione degli input produttivi e maggiore tutela dell’ambiente. Insomma, dovremo produrre di più con meno.
Proprio da queste considerazioni parte il documento Linee guida per lo sviluppo dell’Agricoltura di precisione, che sottolinea come il precision farming offra potenziali benefici sia in termini economici per le aziende agricole sia ecologici.
Ma cosa si intende per Agricoltura di precisione? Sintetizzando per Adp si intende quell’insieme di tecnologie che permette di gestire la variabilità in campo, dando ad ogni pianta ciò di cui ha bisogno esattamente quando ne ha bisogno. L’obiettivo è massimizzare le produzioni o aumentare la qualità delle stesse, eliminando gli sprechi con un conseguente guadagno per l’agricoltore e l’ambiente.
Non esiste una sola ‘agricoltura di precisione’, ma i principi generali vengono declinati per ogni coltura (e valgono anche per la zootecnia, l’acquacoltura e la silvicoltura). Per chi è interessato ad approfondire abbiamo pubblicato articoli dettagliati su mais, frumento, vite e riso. Tuttavia è possibile identificare due grandi tecnologie all’interno dell’Adp: la guida semi-automatica e il dosaggio variabile.
La prima prevede l’installazione di sistemi di guida semi-autonoma (tramite Gps) sui trattori in modo che in campo possano muoversi da soli con precisione superiore a quella garantita da un operatore. In questo modo si eliminano le sovrapposizioni e si ha dunque un risparmio di sementi, fertilizzanti, agrofarmaci e così via. Si stima che nel migliore dei casi il grado di sovrapposizione sia intorno al 10%, nei peggiori al 25%.
Il dosaggio a rateo variabile, che viene considerato lo step successivo al primo, permette di fornire alle piante gli input di cui necessitano (dall’acqua ai fertilizzanti fino agli agrofarmaci, ma anche il diserbo) con precisione: non in maniera uniforme in tutto il campo, ma tenendo conto delle variabili da zona a zona. A questo scopo si utilizzano mappe create ad hoc con l’ausilio di strumenti come satelliti, droni, sensori di prossimità, eccetera.
L’Adp non è una novità di questi ultimi anni, ma ha visto gli albori negli Usa negli anni Ottanta. Oggi la sua diffusione si è fatta più veloce grazie al crescente coinvolgimento dei costruttori nella predisposizione dei modelli commercializzati e ad una riduzione dei costi delle tecnologie. Oggi il mondo Iot (Internet of things) è diventato realtà in molti settori, così come l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale per ‘digerire’ l’enorme mole di dati (i cosiddetti Big data) generati dai sensori.
Tuttavia, come vedremo più avanti, la diffusione in Italia del precision farming è estremamente limitata. Questo è dovuto a diversi fattori, come la dimensione ridotta delle nostre imprese agricole, che rende difficile sostenere investimenti per l’acquisto di nuovi mezzi. Ma c’è anche un ostacolo culturale, legato in parte all’età media alta dei nostri agricoltori. In aggiunta mancano le competenze specifiche tra gli attori della filiera, che spesso non conoscono i principi dell’Adp e non sanno utilizzare gli strumenti abilitanti. A peggiorare la situazione è la mancanza di infrastrutture (ad esempio collegamenti internet a banda larga).
Ma quanto è diffusa l’Adp in Italia? Numeri certi non ce ne sono, ma qualche dato può rendere l’idea della situazione. Si stima che la distribuzione a dose variabile degli input venga applicata da non più di 200 aziende in tutta la penisola. I sistemi di guida semi-automatica, il primo step per fare Adp, sono presenti solo sull’1% dei trattori venduti ogni anno (meno di 300 unità). Se si considera che il nostro parco mezzi è il terzo più grande al mondo, con 1,75 milioni di esemplari, si capisce quanto tempo ci vorrebbe per un ammodernamento. Come paragone si possono prendere gli Stati Uniti, dove l’80% dei trattori monta sistemi di self-driving.
La situazione italiana migliora se si guarda ai mezzi più grandi: le mietitrebbie con il sistema di mappatura delle produzioni operanti sono circa 1.600, e coprono il 10% della superficie destinata alla cerealicoltura. Mentre il 30% delle falciatrinciacaricatrici ha i sensori per monitorare resa e umidità del trinciato.
All’interno delle Linee guida vengono identificati numerosi fronti su cui l’amministrazione pubblica potrebbe operare per incentivare la diffusione dell’Adp. Come lo sviluppo di tecnologie in linea con le dimensioni ridotte delle nostre aziende e dal costo accessibile. Sul tema dei finanziamenti i Psr citano direttamente (14 in tutto) o indirettamente il precision farming come uno strumento per raggiungere gli obiettivi della Pac. Inoltre per i contoterzisti è possibile accedere al Piano nazionale industria 4.0 che prevede ammortamenti speciali.
Inoltre il documento del Mipaaf definisce come fondamentale portare a conoscenza degli agricoltori il costo in termini di ore lavorate e input produttivi che vengono oggi usati senza che esista una reale necessità. Un vero e proprio spreco eliminabile con l’Adp.
Per questo è strategica la diffusione di strumenti di calcolo dei dati (precision farming calculator) in grado di mettere gli agricoltori nelle condizioni di valutare costi-benefici, anche in termini di impatto ambientale, dell’implementazione di tecniche di Adp.
Se uno dei talloni d’Achille del paese è la mancanza di professionalità, il documento auspica la creazione di corsi di studio ad hoc, nonché l’aggiornamento professionale dei tecnici già operativi. Infine si sottolinea l’importanza di coinvolgere i contoterzisti che possono essere il tramite privilegiato attraverso il quale diffondere i principi dell’agricoltura di precisione, avendo dimensioni aziendali tali da poter affrontare la spesa di acquisto di macchinari innovativi e della necessaria formazione.
Nell’era digitale si sente spesso ripetere che la vera ricchezza sono i dati. Questo vale anche in agricoltura. Piattaforme di condivisione dei dati tra agricoltori si sono diffuse negli Stati Uniti e stanno aiutando molte aziende nel prendere decisioni basandosi su informazioni condivise. Anche in Italia si dovrebbe dunque promuovere la condivisione dei dati tra agricoltori, superando l’attuale riluttanza.
Approvate le Linee guida, che cosa succede ora? Il decreto ministeriale riporta quanto segue: “le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, conformemente alle Linee guida […], individuano idonei sostegni finanziari, con particolare riferimento ai programmi di Sviluppo rurale 2014-2020, ai fini dello sviluppo e della diffusione delle tecniche relative all’Agricoltura di precisione”. Il Mipaaf si pone dunque come soggetto di guida, che una volta delineata la cornice generale attraverso le Linee guida lascia alle regioni, attraverso i Psr, la decisione di come incentivare l’adozione dell’Adp considerando le specificità territoriali.
Fonte: Agronotizie